Quando è nata l’arte? Non possiamo dirlo. Sicuramente presto, praticamente assieme all’uomo.
Quando l’uomo non era ancora uomo come lo intendiamo oggi, quando ancora non sapeva esprimersi in un linguaggio compiuto e abitava nelle caverne o in ripari naturali, e non aveva ancora inventato la ruota, ebbene: l’arte già c’era. E questo ci appare francamente incredibile. L’arte della preistoria: dipinti e graffiti rupestri del Paleolitico.
Ma proprio grazie all’arte noi sappiamo che l’uomo da sempre ha sviluppato un radicato bisogno di comunicare e un profondo sentimento del sacro, oltre che una irresistibile attrazione per la bellezza. Proprio attraverso il linguaggio dell’arte l’uomo ha potuto testimoniare la sua presenza e quindi affermare il proprio io in un contesto ambientale durissimo; ha potuto raccontare della propria vita e trasmettere informazioni, in assenza di scrittura; ha potuto dare volto e corpo a quella realtà, percepita come soprannaturale, che gli risultava misteriosa e oscura; ha potuto celebrare una bellezza che riconosceva in tutto quanto lo circondava.
Cos’è la preistoria
La parola “preistoria” (nel senso di ‘prima della Storia’) indica il lunghissimo periodo di sviluppo della civiltà umana precedente l’epoca della Storia propriamente detta, che convenzionalmente si fa iniziare con l’invenzione della scrittura. La preistoria abbraccia un periodo di circa 2,5 milioni di anni a partire dalla comparsa dell’uomo sulla Terra ed è stata tradizionalmente suddivisa in tre periodi (Paleolitico, Mesolitico, Neolitico) secondo uno schema che fa riferimento all’evolversi delle tecniche di lavorazione della pietra, il primo materiale usato dall’uomo per fabbricare armi e utensili.
Ma proprio grazie all’arte noi sappiamo che l’uomo da sempre ha sviluppato un radicato bisogno di comunicare e un profondo sentimento del sacro, oltre che una irresistibile attrazione per la bellezza. Proprio attraverso il linguaggio dell’arte l’uomo ha potuto testimoniare la sua presenza e quindi affermare il proprio io in un contesto ambientale durissimo; ha potuto raccontare della propria vita e trasmettere informazioni, in assenza di scrittura; ha potuto dare volto e corpo a quella realtà, percepita come soprannaturale, che gli risultava misteriosa e oscura; ha potuto celebrare una bellezza che riconosceva in tutto quanto lo circondava.
Cos’è la preistoria
La parola “preistoria” (nel senso di ‘prima della Storia’) indica il lunghissimo periodo di sviluppo della civiltà umana precedente l’epoca della Storia propriamente detta, che convenzionalmente si fa iniziare con l’invenzione della scrittura. La preistoria abbraccia un periodo di circa 2,5 milioni di anni a partire dalla comparsa dell’uomo sulla Terra ed è stata tradizionalmente suddivisa in tre periodi (Paleolitico, Mesolitico, Neolitico) secondo uno schema che fa riferimento all’evolversi delle tecniche di lavorazione della pietra, il primo materiale usato dall’uomo per fabbricare armi e utensili.
Durante il Paleolitico (dal greco palaiòs lìthos, ‘antica pietra’) l’uomo primitivo viveva di caccia, pesca e raccolta di vegetali, servendosi passivamente delle risorse offerte dalla natura. Circa 500.000 anni fa egli sapeva già utilizzare il fuoco, era organizzato in tribù nomadi che si spostavano alla ricerca della selvaggina e si rifugiava in ripari di fortuna, come grotte o capanne. Usava armi rudimentali e utensili costituiti da pietre variamente lavorate e da ciottoli scheggiati. Con il tempo la progressiva evoluzione delle tecniche rese possibile la lavorazione dell’osso e del corno e la caccia di grandi animali.
Verso la fine del Paleolitico fece la sua prima comparsa la specie umana odierna (Homo sapiens, 200.000 anni fa) che sostituì gradualmente quelle più primitive. Al Paleolitico seguì il Mesolitico (da mèsos lìthos, ‘pietra di mezzo’), compreso fra il 10.000 e l’8000 a.C. e a questo il Neolitico (da nèos lìthos, ‘nuova pietra’), esteso dall’8000 a.C. al 4000 a.C. ca., in cui l’uomo imparò a coltivare la terra e addomesticò i primi animali.
Una dichiarazione di presenza, insomma. Costituiscono, peraltro, un documento interessante. Sono quasi tutte impronte al negativo di mani sinistre, realizzate spruzzando il colore con la destra. Quindi questi uomini erano destrorsi. Inoltre, le impronte, piccoline, ci rivelano qual era la corporatura media di questi nostri progenitori: equivalente a quella di un ragazzo di 12-13 anni.
Riprodurre e quindi “catturare” le vere sembianze dell’animale anticipava e garantiva, grazie al rito magico, anche la cattura materiale della selvaggina, durante le successive battute di caccia. L’artista era dunque, quasi certamente, lo stregone cui gli altri cacciatori attribuivano poteri magici. È probabile che per esercitarsi nella pratica del disegno egli fosse esonerato dagli obblighi della caccia. D’altro canto, il pittore-sciamano era ugualmente utile alla comunità se la sua capacità artistica, unita alle doti magiche, agevolava il lavoro dei compagni o addirittura era indispensabile per garantire l’abbattimento della preda.
L’arte del Paleolitico in Italia
La Penisola italiana è stata popolata fin da tempi antichissimi: le testimonianze più remote risalgono a 730.000 anni fa. Nel nostro paese l’uomo cominciò a produrre manufatti artistici a partire dal 18.000 a.C. Sono stati ritrovati dipinti rupestri a soggetto animalistico non dissimili da quelli realizzati in Francia. Tuttavia, il territorio italiano si distingue per il gran numero di graffiti, che raffigurano sia animali, disegnati con mano ferma e attenta, sia figure umane, ottenute attraverso pochi rapidi tratti, e dunque appena “schizzate”. I siti archeologici più interessanti, in tal senso, sono la Grotta del Romito, in Calabria, e la Grotta dell’Addaura, in Sicilia.
La prima, che si trova nel comune di Papasidero, presso Cosenza, risale al Paleolitico superiore. Contiene tracce di antiche sepolture (risalenti a 10.500 anni fa) ma soprattutto alcune antichissime incisioni (20-18.000 a.C.) che gli studiosi considerano tra le più importanti testimonianze di arte preistorica in Europa. Il Toro mostra, per esempio, un bovide (Bos primigenius) di profilo: il tratto che disegna la figura è molto preciso e rende l’animale perfettamente riconoscibile, nelle sue corrette proporzioni. Questa ricerca di verosimiglianza, attraverso un disegno lineare che rinuncia all’uso del chiaroscuro, richiedeva all’artista grande talento e soprattutto una maestria che gli proveniva da un lungo esercizio.I graffiti dell’Addaura
Sul Monte Pellegrino, presso Palermo, sono state scoperte alcune grotte, dette Grotte dell’Addaura, che ospitano un vasto e ricco complesso di incisioni risalenti al tardo Paleolitico superiore (18.000 a.C., ma forse anche 15.000 a.C.). In una moltitudine di bovidi e cavalli, spicca una scena con figure umane dall’impianto piuttosto complesso, dove si contano più di dieci personaggi maschili, gran parte dei quali disposti in tondo, a circondare due figure centrali sdraiate. Le loro immagini, soprattutto se confrontate con i graffiti del Romito, ci appaiono molto elementari.
Questi uomini sono cacciatori, evidentemente, ma non compaiono animali accanto a loro. Notiamo che alcuni hanno le braccia levate in alto, altri sembrano sospesi in aria o si appoggiano l’uno all’altro come a prendere lo slancio per effettuare un salto. L’artista paleolitico è riuscito a rendere con grande efficacia il senso del loro movimento, risolvendo con sicurezza anche il problema dello scorcio. Certo, la semplicità di questi graffiti è il frutto di una consapevole opera di stilizzazione: l’arte stilizzata è frutto della ragione e non dei sensi, punta al significato delle cose e non al loro aspetto, mostrando ciò che l’uomo ha imparato a conoscere, non ciò che l’uomo vede. L’autore di questi graffiti voleva evidenziare il significato dell’evento e non riprodurre fedelmente la scena, che al contrario doveva risultare essenziale, immediatamente comunicativa.Una brutale esecuzione?
Benché siano state formulate molte ipotesi sul significato di questa scena, la conclusione più plausibile è che si tratti della rappresentazione di un rito, il quale coniugava danza e spettacolari momenti acrobatici: si intuisce che alcuni di questi uomini indossano copricapi a forma di testa di uccello. Lo scopo di tale rito è tuttavia oscuro: potrebbe trattarsi di un ballo propiziatorio per la caccia, di una danza che celebra una vittoria oppure, come è stato recentemente ipotizzato, di un crudele sacrificio umano. In effetti, i due personaggi centrali sembrano “incaprettati”, con le gambe rivolte all’indietro e tenute in tensione da una corda che passa intorno al collo: un innaturale e doloroso inarcamento che li avrebbe portati alla morte per autostrangolamento.
Gli artisti perigordiani seppero sfruttare le irregolarità della roccia per conferire un maggior senso di rilievo agli animali dipinti e scelsero di stendere i colori in modo non uniforme, lasciando i toni di fondo della pietra per rendere più luminose certe parti. Svilupparono i primi temi animalistici con estrema sicurezza, anche se i loro soggetti sono di norma rappresentati di profilo e attraverso contorni piuttosto rigidi e poco definiti. Le zampe sono sovrapposte (in pratica ne vediamo solo due) e appaiono incompiute e prive di zoccolo. rte della preistoria: dipinti e graffiti rupestri del Paleolitico.
Pittori-sciamaniRiprodurre e quindi “catturare” le vere sembianze dell’animale anticipava e garantiva, grazie al rito magico, anche la cattura materiale della selvaggina, durante le successive battute di caccia. L’artista era dunque, quasi certamente, lo stregone cui gli altri cacciatori attribuivano poteri magici. È probabile che per esercitarsi nella pratica del disegno egli fosse esonerato dagli obblighi della caccia. D’altro canto, il pittore-sciamano era ugualmente utile alla comunità se la sua capacità artistica, unita alle doti magiche, agevolava il lavoro dei compagni o addirittura era indispensabile per garantire l’abbattimento della preda.
L’arte del Paleolitico in Italia
La Penisola italiana è stata popolata fin da tempi antichissimi: le testimonianze più remote risalgono a 730.000 anni fa. Nel nostro paese l’uomo cominciò a produrre manufatti artistici a partire dal 18.000 a.C. Sono stati ritrovati dipinti rupestri a soggetto animalistico non dissimili da quelli realizzati in Francia. Tuttavia, il territorio italiano si distingue per il gran numero di graffiti, che raffigurano sia animali, disegnati con mano ferma e attenta, sia figure umane, ottenute attraverso pochi rapidi tratti, e dunque appena “schizzate”. I siti archeologici più interessanti, in tal senso, sono la Grotta del Romito, in Calabria, e la Grotta dell’Addaura, in Sicilia.
La prima, che si trova nel comune di Papasidero, presso Cosenza, risale al Paleolitico superiore. Contiene tracce di antiche sepolture (risalenti a 10.500 anni fa) ma soprattutto alcune antichissime incisioni (20-18.000 a.C.) che gli studiosi considerano tra le più importanti testimonianze di arte preistorica in Europa. Il Toro mostra, per esempio, un bovide (Bos primigenius) di profilo: il tratto che disegna la figura è molto preciso e rende l’animale perfettamente riconoscibile, nelle sue corrette proporzioni. Questa ricerca di verosimiglianza, attraverso un disegno lineare che rinuncia all’uso del chiaroscuro, richiedeva all’artista grande talento e soprattutto una maestria che gli proveniva da un lungo esercizio.I graffiti dell’Addaura
Sul Monte Pellegrino, presso Palermo, sono state scoperte alcune grotte, dette Grotte dell’Addaura, che ospitano un vasto e ricco complesso di incisioni risalenti al tardo Paleolitico superiore (18.000 a.C., ma forse anche 15.000 a.C.). In una moltitudine di bovidi e cavalli, spicca una scena con figure umane dall’impianto piuttosto complesso, dove si contano più di dieci personaggi maschili, gran parte dei quali disposti in tondo, a circondare due figure centrali sdraiate. Le loro immagini, soprattutto se confrontate con i graffiti del Romito, ci appaiono molto elementari.
Questi uomini sono cacciatori, evidentemente, ma non compaiono animali accanto a loro. Notiamo che alcuni hanno le braccia levate in alto, altri sembrano sospesi in aria o si appoggiano l’uno all’altro come a prendere lo slancio per effettuare un salto. L’artista paleolitico è riuscito a rendere con grande efficacia il senso del loro movimento, risolvendo con sicurezza anche il problema dello scorcio. Certo, la semplicità di questi graffiti è il frutto di una consapevole opera di stilizzazione: l’arte stilizzata è frutto della ragione e non dei sensi, punta al significato delle cose e non al loro aspetto, mostrando ciò che l’uomo ha imparato a conoscere, non ciò che l’uomo vede. L’autore di questi graffiti voleva evidenziare il significato dell’evento e non riprodurre fedelmente la scena, che al contrario doveva risultare essenziale, immediatamente comunicativa.Una brutale esecuzione?
Benché siano state formulate molte ipotesi sul significato di questa scena, la conclusione più plausibile è che si tratti della rappresentazione di un rito, il quale coniugava danza e spettacolari momenti acrobatici: si intuisce che alcuni di questi uomini indossano copricapi a forma di testa di uccello. Lo scopo di tale rito è tuttavia oscuro: potrebbe trattarsi di un ballo propiziatorio per la caccia, di una danza che celebra una vittoria oppure, come è stato recentemente ipotizzato, di un crudele sacrificio umano. In effetti, i due personaggi centrali sembrano “incaprettati”, con le gambe rivolte all’indietro e tenute in tensione da una corda che passa intorno al collo: un innaturale e doloroso inarcamento che li avrebbe portati alla morte per autostrangolamento.