Giovanni Paolo II, Benedetto XVI, i Lefevbriani e il Concilio Vaticano II



Fraternità sacerdotale San Pio X. La congregazione, costituita in opposizione al Concilio Vaticano II e alle riforme che ne sono seguite.

La congregazione, costituita in opposizione al Concilio Vaticano II e alle riforme che ne sono seguite, raggruppa oggi i continuatori della Chiesa preconciliare: gli aderenti desiderano conservare la messa tridentina e si oppongono all'ecumenismo e al dialogo interreligioso. La FSSPX è una società di vita comune senza voti sull'esempio delle società delle missioni estere.
Concettto espresso sopratutto dai Lefebvriani - Di fronte all'aumento delle domande di ammissione, monsignor Lefebvre acquistò una seconda casa a Ecône, nel Vallese. Questa, all'inizio, non doveva ospitare che seminaristi del primo anno, detto "di spiritualità", che avessero fatto i loro studi a Friburgo, ma quando ritenne che l'Università di Friburgo non assicurasse più un insegnamento conforme alla tradizione cattolica, monsignor Lefebvre si decise a fare di Ecône la propria casa di formazione, e il 6 giugno 1971 benedisse la prima pietra dei nuovi edifici del seminario internazionale San Pio X, composti di tre ali, per ospitare circa 140 fra professori e seminaristi, le sale di studio e di comunità
La pubblicazione di Rapporto sulla fede del cardinale Ratzinger apparve a molti come un elemento nuovo nel caso Lefebvre: si intravedevano in questo libro importanti affinità con certe tesi di Lefebvre. Ma subito dopo il sinodo straordinario, gli eventi precipitarono. Le due iniziative ecumeniche del papa che rappresentavano la ricerca della fratellanza fra le religioni delineata nel concilio Vaticano II, la visita alla sinagoga di Roma e la giornata di preghiera in comune con i rappresentanti delle grandi religioni ad Assisi provocarono vivacissime critiche da parte dei seguaci di Lefebvre e gettarono olio sul fuoco[8].
Nel 1981 Antônio de Castro Mayer, vicino alle posizioni di Lefebvre, rassegnò le proprie dimissioni da vescovo di Campos in Brasile, e diresse l'unione sacerdotale San Giovanni Maria Vianney.
Dal 1987, la Santa Sede aveva intrapreso tentativi di conciliazione, culminati nel maggio 1988 in un'intesa che implicava comunque per Lefebvre il divieto di consacrare nuovi vescovi. La rottura totale maturò negli ultimi giorni di maggio, dopo l'opposizione del papa a nuove concessioni richieste da Ecône, che il cardinal Ratzinger sarebbe invece stato propenso a esaminare favorevolmente (udienza del cardinal Ratzinger del 27 maggio 1988)[9]. Nel giugno dello stesso anno, Lefebvre contravveniva al divieto ricevuto consacrando quattro vescovi a Ecône (Bernard Fellay, Bernard Tissier de Mallerais, Richard Williamson e Alfonso de Galarreta): ciò ebbe come esito la scomunica ufficiale del Vaticano e la pubblicazione del motu proprio Ecclesia Dei.[10][11] Aveva partecipato alla cerimonia con Lefebvre, come co-consacrante imponendo le mani e recitando la preghiera consacratoria nell'ordinazione, il vescovo brasiliano Antônio de Castro Mayer che portò con sé l'intera diocesi di Campos. Il problema non è la validità di queste ordinazioni, ma la sua liceità: si tratta cioè di ordinazioni valide, ma illecite.[12]
Con l'Ecclesia Dei però Giovanni Paolo II aveva istituito una commissione per facilitare la piena comunione ecclesiale dei sacerdoti e fedeli legati a Lefebvre con la Chiesa cattolica nel rispetto delle loro tradizioni liturgiche, e invitò i vescovi a una più ampia e generosa applicazione dell'indulto[13] riguardante l'uso del messale romano del 1962, già concesso nel 1984 con la lettera Quattuor abhinc annos. Ciò produrrà negli anni il ritorno di sacerdoti e fedeli della FSSPX verso la comunione con Roma, che si aggiunsero alle defezioni dei sacerdoti che lasciarono la FSSPX a causa di divergenze teologiche dottrinali e liturgiche[14], nove sacerdoti operanti negli Stati Uniti d'America nel 1983 lasciarono la Fraternità (sedevacantisti e sedeprivazionisti)[15][16], altri quattro fondarono nel dicembre del 1985 l'Istituto Mater Boni Consilii, e aderirono alla Tesi di Cassiciacum elaborata da Mons. Michel Guérard des Lauriers, O.P. che negli anni settanta collaborò come professore al seminario di Ecône. Alcuni sacerdoti che celebravano la messa tridentina, in comunione con il papa, fondarono la Fraternità sacerdotale San Pietro secondo quanto previsto dal motu proprio Ecclesia Dei.
Nel luglio del 1988, durante un incontro con alcuni vescovi del Cile, il prefetto della congregazione per la dottrina della fede arrivò a dichiarare che la corrente lefebvriana presentava elementi positivi, che corrispondevano in effetti ad alcune deficienze della Chiesa postconciliare. Così Lefebvre, sempre secondo il cardinal Ratzinger, non avrebbe avuto tutti i torti nel denunciare un certo modo riduttivo di intendere il concilio Vaticano II che lo isolava dalla tradizione della Chiesa[17].
responsabili della fraternità San Pio X, Bernard Fellay e padre Franz Schmidberger, erano stati ricevuti in udienza da papa Benedetto XVI, il 29 agosto 2005, nella villa pontificia di Castel Gandolfo. Al termine dell'udienza, un comunicato della sala stampa della Santa Sede aveva segnalato che essa era avvenuta "in un clima di amore per la Chiesa e di desiderio di arrivare alla perfetta comunione".[20]
L'8 settembre 2006, un gruppo di sacerdoti usciti dalla fraternità San Pio X fondavano in Francia l'Istituto del Buon Pastore, i cui statuti vennero approvati dalla Santa Sede che la eresse canonicamente come società di vita apostolica di diritto pontificio. Questa nuova comunità celebra la messa e amministra i sacramenti utilizzando esclusivamente i libri liturgici in vigore nel 1962, prima della riforma liturgica.[21]
Le nuove possibilità di celebrazione della messa tridentina offerte dal motu proprio Summorum Pontificum di papa Benedetto XVI e il documento Risposte a quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina sulla Chiesa della Congregazione per la dottrina della fede[22] avevano proprio lo scopo di facilitare il rientro della Fraternità sacerdotale San Pio X nella Chiesa cattolica e la fine dello scisma.
I lefebvriani chiesero la revoca della scomunica, con l'impegno a rispondere entro il 28 giugno 2008 alle proposte presentate per conto di Benedetto XVI dal cardinale Darío Castrillón Hoyos, presidente della pontificia commissione Ecclesia Dei. Si trattava di cinque punti da sottoscrivere, chiariti i quali la FSSPX avrebbe potuto rientrare nella piena comunione con la Chiesa cattolica. La proposta non venne accettata e il superiore generale della Fraternità non la ratificò. Il 26 giugno 2008 la comunità monastica dei Redentoristi transalpini, con sede centrale in Papa Stronsay, una piccola isola del nord della Scozia, che nella loro storia aveva ricevuto sostegno dall'arcivescovo Marcel Lefebvre e dalla fraternità sacerdotale San Pio X, è rientrata in comunione con Roma.[23]
Il 21 gennaio 2009[24] il papa ha rimesso la scomunica ai vescovi della fraternità sacerdotale San Pio X mediante un decreto della Congregazione per i vescovi, accogliendo una lettera di Bernard Fellay del 15 dicembre 2008 in cui il presule dichiarava a nome della fraternità: «siamo sempre fermamente determinati nella volontà di rimanere cattolici e di mettere tutte le nostre forze al servizio della Chiesa di Nostro Signore Gesù Cristo, che è la Chiesa cattolica romana. Noi accettiamo i suoi insegnamenti con animo filiale. Noi crediamo fermamente al Primato di Pietro e alle sue prerogative, e per questo ci fa tanto soffrire l'attuale situazione»[24]. Per quanto riguarda la sistemazione canonica, il giornalista Andrea Tornielli ipotizza per la comunità tradizionalista un inquadramento simile a quello dell'Opus Dei, ovvero una "prelatura personale" che potrebbe permettere alla FSSPX di continuare le sue attività e di formare i suoi seminaristi.[25]
Benedetto XVI auspicava che la remissione della scomunica portasse «al più presto alla completa riconciliazione e alla piena comunione».[24]
Benedetto XVI auspicava che la remissione della scomunica portasse «al più presto alla completa riconciliazione e alla piena comunione».[24]
Nel decreto della Congregazione per i vescovi si esprime l'intenzione di «consolidare le reciproche relazioni di fiducia e intensificare e dare stabilità ai rapporti della fraternità San Pio X con questa Sede Apostolica. Questo dono di pace, al termine delle celebrazioni natalizie, vuol essere anche un segno per promuovere l'unità nella carità della Chiesa universale e arrivare a togliere lo scandalo della divisione.»[24]
E si aggiunge un richiamo rivolto a tutta la fraternità: «Si auspica che questo passo sia seguito dalla sollecita realizzazione della piena comunione con la Chiesa di tutta la Fraternità San Pio X, testimoniando così vera fedeltà e vero riconoscimento del magistero e dell'autorità del papa con la prova dell'unità visibile».[24]
Il contrasto sul Concilio Vaticano II in seguito alla revoca della scomunica
Chiesa dei Minoriti a Vienna, donata alla Fraternità nel 2021
La remissione della scomunica dei lefebvriani è stata accompagnata
e seguita da malumori e dissensi in seno alla Chiesa cattolica. Il teologo progressista svizzero Hans Küng, in rotta di collisione con Roma, ha accusato il papa di «restaurazione» e «svolta conservatrice», lamentando «un'atmosfera opprimente nella Chiesa»[26]. Lo stesso Küng ha dichiarato: «È inspiegabile che il Papa si preoccupi più dei lefebvriani che di un miliardo di cattolici».[27] Uno dei problemi ravvisati da Küng è la mancata sottoscrizione, da parte dei lefebvriani, dei documenti conciliari concernenti la libertà religiosa ed il rapporto con l'Ebraismo.[28]