L’ADHD nei bambini? Uno studio medico lo collega alle immagini veloci della televisione.

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Questa è una risposta a quei medici e psicologi che vorrebbero curare la mancanza d’attenzione e l’iperattività nei bambini con il pericoloso ritalin o altri farmaci simili. rl

Di Alessandra Muschella
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I risultati di una ricerca svolta dall’American Academy of Pediatrics su un campione di 2.000 bambini pare confermare il ruolo determinante della televisione nel rischio di sviluppo di disturbi del comportamento quali l’iperattività ed il deficit d’attenzione.
Il senso di realtà del bambino verrebbe alterato dalla velocità delle immagini, con evidente pregiudizio per un regolare sviluppo del sistema nervoso centrale.
Il danno si manifesterebbe intorno ai 7 anni d’età, quando il bimbo accusa difficoltà a prestare attenzione a scuola.

…Da uno studio condotto lo scorso anno dall’American Academy of Pediatrics, emerge che una massiccia fruizione di TV possa addirittura portare il bambino al cosiddetto Attention Deficit Hyperactivity Disorder, vale a dire al disturbo da deficit di attenzione con iperattività, altrimenti detto ADHD.
Secondo dati recenti, il disturbo sarebbe presente nel 12 per cento dei bambini statunitensi. E’ interessante constatare che questa particolare condizione ha cominciato a diffondersi negli States durante gli ultimi cinquant’anni, in coincidenza cioè con l’avvento della televisione.


Per portare avanti il suo studio, l’American Academy of Pediatrics ha preso in esame duemila bambini da uno a tre anni, li ha seguiti e analizzati e il risultato è stato inequivocabile: tutta colpa della TV.
Fra le altre cose, la ricerca ha per la prima volta dimostrato che i neuroni del cervello di un bambino si sviluppano in maniera diversa se questo resta concentrato verso lo schermo per qualche ora al giorno.
Più in particolare, il senso di realtà del bambino sarebbe alterato dalla velocità delle immagini.
Il dottor Dimitri Christakis, del Children’s Hospital and Regional Medical Center di Seattle che ha condotto questa ricerca, sostiene che il danno si manifesta in seguito, intorno ai 7 anni, quando il piccolo ha difficoltà a prestare attenzione a scuola.

Secondo Christakis i ritmi della TV sono molto più veloci rispetto a quelli reali.
Le immagini che un bimbo cattura dagli schermi vanno troppo veloci e magari senza neppure una precisa connessione logica.
A livello cerebrale il difetto sarebbe determinato dall’errato allenamento dei neuroni.
Per fare un esempio, un bimbo che gioca con le dita ha il sistema neurale che gli viene proprio dall’esercizio delle dita.

Lo stesso discorso vale per il cervello, che dovrebbe esercitarsi con lo stesso meccanismo. Secondo gli scienziati, inoltre, il cervello sviluppa un sistema unico dalla nascita ai tre anni. Se un bambino, dunque, siede come ipnotizzato davanti a qualcosa, i collegamenti neuronali non si sviluppano come dovrebbero: lo sviluppo del cervello rischia di fermarsi all’età di tre anni.

Nella sua ricerca condotta su duemila bambini, Christakis ha trovato che per ogni ora passata davanti allo schermo, nell’età compresa fra uno e tre anni, i soggetti più piccoli hanno quasi il dieci per cento in più di probabilità di sviluppare problemi di attenzione, che possono poi essere diagnosticati all’età di 7 anni come ADHD.
Se a fare uso della TV per tre ore al giorno è un bimbo ai primi passi, le probabilità di avere serie difficoltà a scuola aumenteranno del 30 per cento.

L’abuso dipende in larga misura dalle abitudini ormai acquisite. Basti pensare che il 26 per cento dei bambini americani possiede una televisione nella sua stanza, e il 36 per cento delle famiglie americane la lascia accesa quasi tutto il tempo, anche quando la stanza rimane vuota.

Eppure sembra che ai bambini più piccoli non occorra una TV per distrarsi, come dimostra il fatto che fino a 50 anni fa se ne è fatto a meno.
Altre ricerche, d’altronde, avevano già dimostrato che l’ADHD era aumentata di pari passo con l’avvento della TV, a partire dagli anni 50, e che si era impennata ancora di più a partire dagli anni 80, quando è esploso il boom dei registratori e i video per bambini.

Nonostante sia noto che l’ADHD sia una malattia anche genetica, gli scienziati hanno comunque notato che è trasversale a tutte le classi sociali, che colpisce indifferentemente senza distinzioni di reddito e cultura, e che la causa legata al suo espandersi potrebbe essere unica.
…Per i bambini guardare la TV sarebbe dunque un pericolo, pertanto molto meglio le vecchie e intramontabili favole.

Di Alessandra Muschella

http://www.newmediaexplorer.org/rinaldo_lampis/2006/02/24/ladhd_nei_bambini_uno_studio_medico_lo_collega_alle_immagini_veloci_della_televisione.htm