La Carta di Larmenius

LA CARTA DI LARMENIUS

La Bolla “Vox in Excelso” emanata da Clemente V, secondo alcuni esperti del XVI e XVII secolo, non sanzionava una definitiva soppressione del Tempio, peraltro riconosciuto dai sovrani di tutti gli Stati cristiani: si volle vedere nella Bolla, più che un'abolizione definitiva, una sospensione pro tempore dell'Ordine che, secondo le stesse parole di Clemente V, ammetteva che non potendo agire “de iure” contro l'Ordine, lo aveva abolito “de facto” e con sentenza non definitiva.

La Santa Sede, pertanto, avrebbe potuto revisionare o addirittura annullare la sospensione della “non definitiva sentenza”.

In tale contesto, si inserisce la “Carta di Larmenius”.

Secondo la tradizione, attorno al 1690 apparve in Francia un movimento a carattere neotemplaristico che affermava di possedere antichi cimeli dell'Ordine fra i quali merita di essere menzionato un Decreto di trasmissione dei poteri della Gran Maestranza, rilasciato il 13 febbraio 1324 dal Gran Maestro Jean Marc Larmenius al suo successore Theobald d'Alexandrie, in quanto era stato egli stesso investito di tali poteri nel 1313 dall'ultimo Gran Maestro Jacques de Molay.

Questo decreto portava la firma di tutti i successori di Larmenius dal 1340 al 1681, i quali sarebbero vissuti nascostamente sottoscrivendo ciascuno la suddetta Carta di Trasmissione.

Secondo la Carta, nel 1705 il nipote di Luigi XIV, Filippo d'Orleans, ebbe la successione da Jacque Henry de Durfort ed indisse un'adunanza generale dei Cavalieri che si tenne a Versailles l'11 aprile dello stesso anno nella quale vennero promulgati i nuovi Statuti.

A ciò, fecero seguito gli Statuti del 1947 e i Decreti Magistrali che diedero la guida dell'Ordine al Reggente Emile Clément Joseph Vandenberg (1935 – 1942), al Reggente Antonio Campello Pinto de Sousa Fontes (1942 – 1960), al Reggente Dom Fernando Campello Pinto Pereira de Sousa Fontes (1960 – 2018) fino all'attuale 52° Gran Maestro Dom Albino Neves.

Dopo questa breve digressione storica, torniamo ad esaminare più da vicino il personaggio di Larmenius.

Nel 1804, il medico di corte di Luigi XVI, Charles Ledru rese nota una testimonianza straordinaria che avrebbe provato la sopravvivenza dell'Ordine nonostante la censura della Chiesa, vivendo per secoli in clandestinità.

Tale prova, appunto, era la Carta di Larmenius un templare di origine orientale, più precisamente armena (come il nome sembra indicare) che fu compagno di prigionia dell'ultimo Gran Maestro Molay nei mesi prima del suo rogo.

Dal Molay, l'armeno avrebbe ricevuto il mandato di continuare l'Ordine del Tempio nonostante il decreto papale che lo scioglieva.

Chi era Larmenius?

In Armenia, i Templari avevano molte installazioni: al tempo del processo contro i Templari questi contavano molti appartenenti di origine armena ed è plausibile nonché probabile che vi fosse qualcuno di nome Marco, sebbene nei documenti del processo non figura nessuno con questo nome.

Ogni Gran Maestro sceglieva alcuni collaboratori più stretti a lui fidati ai quali si rivolgeva per chiedere consiglio nei momenti di dubbio, sono i “Compagnos dou Meistre”. In questo gruppo di uomini vicini al Gran Maestro, non sembra trovarsi un Templare di nome Larmenius: se esso è esistito, non rivestiva un ruolo particolare all'interno dell'Ordine.

Potrebbe forse trattarsi di un personaggio nel quale si cela un ritratto di un soggetto reale ma con un altro nome.

Ma veniamo ora ad esaminare la Carta di Trasmissione.

Secondo la studiosa di storia templare Barbara Frale, la Carta sembrerebbe risalire al XIX sec. Viste le sue caratteristiche estrinseche come la pergamena di cui è fatta, la miniatura, ecc.

Spesso, viene etichettata come un falso ma questo termine appare impreciso, a meno che si pensi che possa risalire effettivamente al medioevo.

La Carta di Larmenius è una ricostruzione interpretativa volta a riprodurre un atto precedente, creduto autentico e andato perduto.

Si suole indicare questo documento come appartenente ai “falsi onesti” ossia degli atti che inseriscono elementi nuovi in un testo autentico preso da documenti più antichi.

Nessuno fino ad ora si è applicato a studiare questo documento che resta comunque importantissimo nella storia e nella cultura per capire il percorso della leggenda templare.

Non possiamo quindi escludere che Marco l'Armeno o altro cavaliere templare realmente vissuto abbia deciso in una certa era storica di raccogliere attorno a se un gruppo di cavalieri superstiti credendo in ciò di onorare la memoria e le ultime volontà di Jacques de Molay.


Cav. Marco Sciommeri
Maresciallo
Commenda "Ildebrando da Soana"
Fonte

(Onorato di Pubblicarlo, per Gentile concessione del  Cav. Marco Sciommeri)